12Apr

Cosa sta accadendo alla nostra economia con la crisi sanitaria del Covid19? E dopo?
Queste domande hanno attraversato e attraversano la mente di tutti.
Recentemente due docenti della London Business School (Paolo Surico e Andrea Galeotti) hanno reso pubbliche alcune riflessioni su ciò che sta accadendo da un punto di vista sanitario ed economico in Europa e nei paesi extraeuropei.
Vogliamo qui riassumere almeno in una forma introduttiva le riflessioni proposte integrandole con altri dati di ricerca.

Le difficoltà economiche sono ovviamente legate alla diffusione del virus, come sua conseguenza indiretta, infatti all’aumentare della diffusione del contagio diminuisce la possibilità di mobilità delle persone e aumentano le attività che vengono chiuse per ragioni di sicurezza.
Diventa quindi prioritario premettere che la crisi economica segue quella sanitaria ed è molto probabile che potrà prolungarsi anche quando questa sarà terminata. In particolare le scelte fatte per arginare il problema sanitario, ad oggi, sono fortemente impattanti in quanto non è ancora disponibile un vaccino e neppure una cura che sia chiaramente efficace, rendendo quindi il contenimento dell’epidemia un effetto del solo distanziamento sociale e dell’isolamento dei focolai infetti.

Da qui è possibile partire per prefigurarsi uno scenario sulla base dei dati attualmente in possesso della comunità scientifica. Bisogna tenere conto infatti che i primi dati sono già disponibili a partire dalle rilevazioni avvenute in Cina e, a seguire, in tutto il mondo.
Si tratta di dati riconducibili alla fine del primo trimestre poiché la crisi globale è esplosa a cavallo tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno. Le previsioni vengono proposte sui dati di Gennaio-Marzo in una prospettiva di prolungamento temporale al secondo trimestre. Questi elementi consentono di definire le conseguenze economiche della pandemia dovuta al Covid19 almeno nel breve periodo.

In particolare è possibile identificare tre livelli chiari di analisi in una cornice di domanda-offerta:
• i costi economici
• il ruolo dell’incertezza
• il ruolo della liquidità
In questo frangente mi occuperò solo del primo punto perché più direttamente legato alle conseguenze della crisi sanitaria sul mercato del lavoro. Gli altri punti verranno ripresi in altri articoli.

I costi economici
Sulla base dei dati attualmente disponibili è possibile avere un quadro abbastanza completo di ciò che sta già accadendo oggi utilizzando alcuni semplici indicatori. I dati che saranno esposti sono verificabili e disponibili su now-casting.com e tutte le istituzioni che fanno riferimento al metodo di ricerca fondato da Giannone e Reichlin.
Per quanto riguarda la crescita economica di Cina, Italia e area Euro si può notare che la crescita è già negativa sul finire di marzo, con una penalizzazione più evidente per l’Italia (-6%), così come mostrato in Figura1.
(Il dato cinese è già annualizzato mentre per Europa e Italia bisogna moltiplicare il dato per 4 come indicato nella Figura 1)

I dati rappresentano una stima giorno dopo giorno sulla base di dati macroeconomici ma anche di informazioni economiche che giungono da istituti privati o dichiarazioni e indicatori sociali. Questi dati sono confermati dall’andamento dei mercati azionari che, se considerati come termometro della fiducia verso il futuro, mostrano una flessione cumulativa a partire dall’inizio fino alla fine di Marzo andando dal -10% della Cina (SSEC) al -30% dell’Italia (FTSE).
I settori più in difficoltà sono quelli relativi alla ristorazione e ai viaggi, dove i primi hanno mostrato una flessione uniforme praticamente del 100% rispetto all’inizio del primo trimestre dell’anno in gran parte dei paesi del mondo e i viaggi una flessione differenziata che agli inizi di Marzo vedeva già una perdita di quasi il 100% dei voli da e per l’asia e del 14% da e per gli USA (fonte forwardkeys.com).

Sul piano dei consumi, in un’ottica più ampia, diverse ricerche hanno evidenziato che in fase di crisi o di preoccupazione sull’andamento economico di un paese, si manifesta una propensione delle famiglie con capacità di spesa a differire l’acquisto di beni durevoli e a cercare di investire in beni rifugio come l’oro, così come sta avvenendo nell’ultimo periodo (attualmente l’oro è poco sopra al 1600 $ per troy once che corrispondono a circa 48-€/gr).
Tale comportamento è dovuto alla previsione che la liquidità avrà una maggiore rilevanza rispetto ai beni anche perché si prevede una mancanza di occupazione e questa percezione non è errata. Secondo i dati del Us Bureau of Labor Statistics in America sono stati chiesti in poco più di un mese più di tre milioni di sussidi di disoccupazione a fronte di una richiesta media di seicentomila richieste.
Le stime attuali sul mercato del lavoro prevedono all’incirca 25 milioni di posti di lavoro persi nel mondo per l’anno in corso tanto che l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha pubblicato una nota sulla stima preliminare, “COVID-19 e il mondo del lavoro: impatto e risposte”. In questa nota l’OIL richiede misure urgenti, coordinate e su larga scala, ancorate su tre fronti di azione: proteggere i lavoratori, stimolare l’economia e l’occupazione, sostenere il lavoro e il reddito. Tali misure comprendono l’estensione della protezione sociale, il sostegno per mantenere il lavoro e sgravi finanziari e fiscali, anche per le micro, piccole e medie imprese.

La risposta dei governi
Quasi tutti i governi si sono orientati alla promozione dello smartworking in seguito al blocco delle attività produttive non essenziali.
Tra i dati disponibili spicca una ricerca che mette in relazione i settori produttivi e la loro possibilità di lavorare a distanza. In questi dati, esposti dal prof. Paolo Surico, è possibile già cogliere degli aspetti rilevanti per quanto riguarda l’evoluzione della crisi e i possibili settori su cui investire.

Nelle Figure 2 e 3 vengono mostrati i diversi settori produttivi dove sono presenti anche un triangolino verde e un pallino blu. Il triangolino verde indica il numero in milioni di persone che sono impiegate in quel settore mentre il pallino indica la quota di persone che può lavorare a distanza, all’interno del mercato americano.


Le conclusioni evidenti sono che i settori manifatturieri, vendita di prodotti al dettaglio, costruzione, estrazione, installazione e riparazione, produzione, turismo, trasporti e molti altri hanno pochissime possibilità se non nessuna di portare avanti il loro lavoro a distanza. Considerando il rapporto dei lavoratori impiegati nei diversi settori e la quota che può lavorare a distanza si scopre che quasi in tutti i settori il 50% non può lavorare a distanza portando immediatamente la stessa quota alla disoccupazione o al sussidio statale.
Dall’atra parte si può notare gli impieghi che hanno una percentuale più alta di lavoratori a distanza sono quelli che hanno già un reddito medio più alto lasciando presagire che la crisi economica accentuerà il divario tra ricchi e poveri.

Si può concludere che sicuramente nel breve ci sarà una difficoltà occupazionale e di redditività delle aziende e delle famiglie ma anche un rafforzamento dei settori che maggiormente possono operare.
In questo scenario di riferimento, una delle filiere sulle quali puntare per contenere gli effetti nefasti dell’attuale crisi e accelerare la ripresa post-pandemia Covid-19, è la filiera agroalimentare composta da un mix di agricoltura, industria alimentare, logistica/trasporti e commercio all’ingrosso e al dettaglio dedicati. Una filiera considerata da sempre strategica e di primo piano del nostro Made in Italy in termini di Pil, imprese, occupazione e esportazioni.
Non solo, il rafforzamento della digitalizzazione pone ancora nuovamente in evidenza le risorse e le necessità di investire sul settore informatico e dell’automazione che certamente vedranno delle richieste di ammodernamento delle infrastrutture virtuali già in essere.
Infine non è possibile escludere, in particolare in Italia, che la crisi sanitaria possa portare a un ripensamento del ruolo della sanità pubblica, con tutto ciò che gli ruota attorno come la formazione, l’industria farmaceutica e la ricerca medica.
Resta da comprendere meglio le dinamiche di domanda-offerta globali per poter “leggere” le opportunità e le criticità che il prossimo futuro ci riserva.